La missione di un rifugiato di riunire le famiglie Rohingya diventa un film

Il documentario del pluripremiato regista Orlando von Einsiedel segue un rifugiato la cui missione è quella di riunire le famiglie Ronhingya costrette a fuggire in Bangladesh.

Di Matthew Saltmarsh | 12 novembre 2019

Mentre centinaia di migliaia di Rohingya fuggivano verso il Bangladesh dal Myanmar alla fine del 2017, un uomo ha deciso di noleggiare un microfono e di fare la differenza.
Molti bambini sono stati separati dai genitori mentre fuggivano dalle persecuzioni e Kamal Hussein ha deciso che riunire le famiglie sarebbe stata la sua missione.

“È come una doppia persecuzione”, ha detto, riferendosi ai genitori che hanno perso dei figli.

La storia di Hussein a Kutupalong, il più grande insediamento di rifugiati al mondo, è ora un cortometraggio di Grain Media, una casa di produzione cinematografica che ha vinto un Oscar nel 2017.

“Lost and Found” è stato girato nel 2017 e da allora è stato acquistato dal National Geographic Documentary Films. Il film, commissionato dal Comitato del Premio Nobel, è stato presentato in anteprima al Telluride Film Festival 2019 negli Stati Uniti e quest’anno uscirà in tutto il mondo.

Alla fine di agosto 2017, decine di migliaia di rifugiati arrivavano ogni giorno nell’area di Kutupalong – a piedi, esausti e sotto le piogge monsoniche.

Hussein ha deciso di farsi avanti e offrire il suo aiuto dopo che una donna si è avvicinata a lui piangendo e chiedendo aiuto per trovare suo figlio.

“Ci ho pensato per un po’ e poi ho affittato un microfono per l’intera giornata”, ha detto. Le sue trasmissioni amatoriali, che riportavano una descrizione del bambino che si era perso, hanno funzionato. Un paio d’ore dopo un uomo ha portato il bambino alla mamma, e così è nata la missione di Hussein.

Successivamente l’UNHCR e Handicap International gli hanno fornito attrezzature audio e uno stand nel cuore del campo per trasmettere i nomi dei bambini soli e sollecitare i genitori perchè venissero a prenderli.

“Da bambino non avevo nessuno”.

Quella prima notte ha lavorato fino a quasi mezzanotte e ha conquistato la fiducia della comunità.

“I rifugiati che sono stati qui a lungo conoscono il campo, ma i nuovi rifugiati non lo conoscono e si perdono”, ha detto.

Da agosto 2017, la campagna di persecuzione e violenza in Myanmar ha spinto più di 740.000 Rohingya apolidi a fuggire dalle loro case nello stato di Rakhine oltre il confine. Ora, oltre un milione di Rohingya è in Bangladesh.

Essendo lui stesso un rifugiato, Hussein conosceva il loro dolore. I soldati in Myanmar lo hanno picchiato finchè non è svenuto quando era un ragazzo di sei o sette anni, e per un anno è stato separato dai suoi genitori. È fuggito dalla sua patria decenni fa, ma porta ancora le cicatrici fisiche e mentali.

“Da bambino non avevo nessuno”, ha detto. “Ho avuto molto dolore nella mia vita, ma ora che sto facendo questo lavoro mi sento in pace con me stesso”.

Il regista Orlando von Einsiedel spera che il film metta in evidenza la gravità degli esodi nel mondo e la necessità di soluzioni.

“Queste notizie costanti possono portare a intorpidirsi di fronte a ciò che succede nel mondo”, ha detto von Einsiedel. “Storie di speranza e di ingegno come quella di Kamal sono un antidoto che riesce a perforare il rumore e a rinnovare la mia fede nell’umanità”.

La campagna dell’UNHCR #IBelong per porre fine all’apolidia è giunta a metà del suo percorso.

Alla fine del 2017, quando il documentario è stato girato, Hussein aveva aiutato quasi 800 bambini a riunirsi con i loro genitori.

Lo stand è stato chiuso quando le agenzie umanitarie sono intervenute per ricoprire il ruolo che Hussein stava svolgendo, e lui ora si offre volontario per continuare a sostenere la sua comunità.

Ma nel 2017, quando il caos e il bisogno erano arrivati al massimo livello, Hussein ha preso l’iniziativa, agendo da solo.