I rifugiati e le comunità che li ospitano aspirano a un futuro migliore in Pakistan

La necessità di una maggiore solidarietà con i rifugiati afghani e le comunità che li ospitano sarà discussa nel corso di una conferenza di due giorni in Pakistan questo mese.

Di Kate Bond a Karachi, Pakistan | 12 febbraio 2020

In un piccolo angolo di un vivace mercato nel sud del Pakistan, Mohammad Azeem fa scorrere le dita in un barile di paprika rosso brillante. Sorride. Le sue spezie si vendono bene oggi.

Per anni, come rifugiato afghano senza accesso al sistema bancario, Mohammad è stato costretto a dipendere dagli amici per incassare assegni e tenere i suoi soldi al sicuro. Ora gli affari vanno a gonfie vele dopo che una nuova legge dello scorso anno gli ha permesso di aprire un conto in banca.

“Prima facevo affari solo in contanti”, dice, dalla piccola bancarella che gestisce in piazza Al-Asif, a Karachi, nel sud del Pakistan.

“E’ pericoloso avere quel tipo di contanti a casa. Avere un conto in banca è davvero importante. Depositiamo il denaro sul conto e poi possiamo prelevarlo al bancomat. Il denaro è al sicuro lì. Ci ha aiutato”.

“Prima facevo affari solo in contanti”.

Mohammad fa parte dei circa 2,7 milioni di rifugiati afghani registrati che vivono fuori dalla loro patria a quasi 40 anni dallo scoppio del conflitto. Il 90% delle persone costrette a fuggire vive nel vicino Pakistan e in Iran.

Alla fine di questo mese, il Segretario generale dell’Onu António Guterres, l’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati Filippo Grandi e il Primo Ministro pakistano Imran Khan parteciperanno a una conferenza di due giorni a Islamabad alla ricerca di una maggiore condivisione degli oneri e della solidarietà per la situazione dei rifugiati afghani.

Per quattro decenni, il Pakistan ha lavorato per includere i rifugiati nei suoi sistemi educativi e di assistenza sanitaria nazionale, e per incrementare il sostegno alle comunità ospitanti.

Da febbraio 2019 permette anche ai rifugiati afghani come Azeem di aprire conti bancari, fornendo loro l’accesso a forme più sicure di gestione delle loro finanze durante l’esilio.

Tra i beneficiari c’è il rifugiato afgano Shifat Ullah, 23 anni, che ha lavorato come apprendista sarto per sei anni, prima di aprire il suo negozio di tappeti.

Come rifugiato, è stato costretto a fare affidamento sul denaro contante e a chiedere un prestito al suo capo per raccogliere capitali per la sua attività. Ora, con un conto in banca, Shifat può effettuare regolari rimborsi al suo creditore e risparmiare per il futuro.

“Una volta era difficile trovare i soldi”, dice. “Ora sono a un punto in cui posso ripagare i creditori e provvedere alla mia famiglia”.

La conferenza che si terrà a Islamabad il 17-18 febbraio chiederà cosa possono imparare gli altri Paesi dall’impegno del Pakistan. Farà anche luce sulle condizioni che i rifugiati afghani desiderano vedere per il loro ritorno volontario.