GOLFO DEL BENGALA: PREOCCUPAZIONE PER IL CRESCENTE NUMERO DI PERSONE IN FUGA VIA MARE

Pubblicato il 10 giugno 2014 alle 2:00

A due anni dallo scoppio delle violenze tra le comunità nello stato di Rakhine a Myanmar, migliaia di persone continuano a fuggire via mare dal Golfo del Bengala. E allo stesso tempo aumentano le segnalazioni di abusi e sfruttamento nei confronti di chi cerca sicurezza e stabilità altrove.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che dal mese di giugno 2012 siano più di 86mila le persone partite su imbarcazioni: oltre 16mila persone sono fuggite nella seconda metà del 2012, 55mila nel 2013 e quasi 15mila da gennaio ad aprile di quest’anno. La maggior parte sono Rohingya, sebbene di fatto la percentuale di bangladesi quest’anno sia salita. A quanto riferito, 730 persone sono morte durante il viaggio nella seconda metà del 2012, mentre l’anno scorso il numero è sceso a 615 forse per l’utilizzo di imbarcazioni mercantili più grandi e stabili da parte delle reti di trafficanti.

Chi è riuscito a raggiungere la Tailandia, la Malesia o l’Indonesia ha riferito al personale dell’UNHCR di imbarcazioni sovraffollate che a volte hanno perso la rotta o hanno avuto problemi al motore, o in qualche caso esaurivano le scorte di cibo e acqua a causa dei lunghi periodi trascorsi in mare. È stato inoltre riferito che alcune persone decedute sull’imbarcazione sono state gettate in mare.
In tutta la regione, l’UNHCR continua a chiedere la definizione di accordi di soggiorno temporaneo per i Rohingya fino a che la situazione nello stato di Rakhine non sarà abbastanza stabile da consentire loro di tornare. Tali accordi prevedono l’acquisizione del diritto documentato di rimanere nel paese ospitante per il periodo stabilito, la protezione contro la detenzione arbitraria, il rispetto dell’unità familiare, garanzie di ottenere un alloggio e l’accesso ai servizi e alla possibilità di trovare un’occupazione regolare.

Tailandia
Alcune persone che hanno raggiunto la Tailandia riferiscono di essere state portate nei campi dei trafficanti nelle giungle o sulle colline vicino al confine tra Thailandia e Malesia, dove sono stati tenuti per mesi in campi sovraffollati e talvolta anche gabbie finché le loro famiglie sono riuscite a pagare per la loro liberazione. Durante la prigionia, venivano nutriti con riso e pesce essiccato una volta al giorno e, di tanto in tanto, due volte al giorno. Queste persone raccontano di aver subito percosse quotidiane e che alcuni sono morti. A nessuno era permesso muoversi se non per brevi pause in bagno. Trascorrevano la giornata seduti in spazi ristretti e la notte erano costretti a dormire in piedi o in posizione fetale a causa della mancanza di spazio.

Le autorità tailandesi hanno effettuato diverse irruzioni nei campi, traendo in salvo centinaia di persone, tra cui circa 500 Rohingya all’inizio di quest’anno. L’UNHCR è impegnato a fornire aiuti e a favorire l’adozione di un regime di protezione temporanea definito con maggior chiarezza durante la permanenza in Tailandia che preveda, ad esempio, l’accesso all’istruzione per i minori e una maggiore libertà di movimento. Nell’immediato, per agevolare la ripresa e migliorare le condizioni di soggiorno negli attuali centri di permanenza per immigrati, ci siamo offerti di sostenere i centri di riabilitazione dove le famiglie possono stare insieme e le attività comunitarie di base possono essere organizzate, mentre si cercano soluzioni a lungo termine. I casi più vulnerabili sono sottoposti all’esame dei paesi di reinsediamento.

Malesia
Nella regione settentrionale della Malesia Peninsulare sono aumentati i casi di contrabbando e traffico dalla Tailandia di persone provenienti da Myanmar, compresi coloro che rientrano nel mandato dell’UNHCR. Secondo informazioni attendibili questi gruppi sono spesso vittime di abusi, maltrattamenti, sfruttamento ed estorsione da parte delle bande di trafficanti, situazione che solleva importanti questioni relative alla protezione dei rifugiati e altri soggetti che rientrano nel mandato dell’UNHCR.

Un numero crescente di persone sono in cattive condizioni di salute fisica ed emotiva – malnutriti e incapaci di camminare. Dal mese di novembre, il personale dell’UNHCR a Kuala Lumpur ha accolto più di 120 Rohingya a cui è stato diagnosticato il beri-beri dovuto a una carenza di vitamina B1 e a cui vengono somministrati integratori vitaminici. I casi più gravi vengono ospitati in un rifugio dove ricevono cibo e cure mediche e fanno fisioterapia in modo da potersi ristabilire.

L’UNHCR chiede il rapido rilascio di tutti i Rohingya detenuti e altri soggetti che rientrano nel suo mandato. Ritiene inoltre che un migliore accesso ai servizi sanitari e ad altre forme di assistenza, tra cui la possibilità di trovare un’occupazione regolare, consentirà ai rifugiati di essere autosufficienti e riprendersi meglio all’interno della comunità. In totale l’UNHCR ha registrato più di 35mila Rohingya in Malesia nel corso degli anni. L’Agenzia apprezza la collaborazione con le autorità malesi per rispondere alle esigenze di queste comunità.

Indonesia
I Rohingya presenti in Indonesia ammontano ad oggi a più di 1.200. Le registrazioni hanno raggiunto il picco nella seconda metà del 2013 con 474 nuovi arrivi in seguito all’arrivo di diverse barche dalla Tailandia; altri sono giunti dalla Malesia. Quest’anno l’andamento degli arrivi è sceso in modo significativo e a maggio si contavano solo 56 persone. A quanto riferito inoltre, da gennaio a maggio 2014, 99 Rohingya, tra cui un numero ristretto di movimenti secondari provenienti dalla Malesia, sono ritornati in Malesia. Chi rimane in Indonesia vive per lo in comunità alloggio, mentre circa 160 persone sono nei centri di permanenza per immigrati. Frustrazioni e tensioni sono in aumento a causa della mancanza di soluzioni.

Bangladesh
Il Bangladesh, che ha ospitato i profughi Rohingya per più di due decenni, ha visto diversi sviluppi positivi nel corso dell’ultimo anno. L’istruzione è stata estesa a livello di scuola media (bambini di 13-14 anni) nei due campi ufficiali che ospitano più di 30mila rifugiati Rohingya. L’UNHCR ha inoltre intensificato gli sforzi per affrontare la violenza di genere nei campi, agevolando anche la diffusione di donne poliziotto. In aggiunta, il Governo ha anche accettato di migliorare i servizi nei campi, tra cui le opportunità di accedere agli alloggi e ai mezzi di sostentamento. L’UNHCR accoglie con favore l’iniziativa del governo del Bangladesh di compilare una lista delle persone non ancora registrate, che, secondo le stime, si aggirano tra le 200mile e le 500mila. Auspichiamo che l’operazione venga effettuata in conformità agli standard internazionali e che permetta a questi gruppi che vivono al di fuori dei campi di accedere ai documenti, all’assistenza e alla giustizia.

Myanmar
Nello stato di Rakhine, circa 140mila persone rimangono sfollate – per lo più Rohingya, e, in numero inferiore, persone di etnia Rakhine, Kaman e altro. Gli operatori umanitari hanno ripreso a fornire assistenza umanitaria dopo che gli attacchi di fine marzo a Sittwe hanno colpito le strutture delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative (ONG). Se da un lato l’UNHCR resta impegnato nel fornire sistemazioni temporanee, coordinare la gestione del campo e affrontare una difficile situazione di protezione, dall’altro mantiene un atteggiamento prudente verso attività che potrebbero consolidare la segregazione e protrarre la situazione degli sfollati. La sfida è quella di passare da una fase di emergenza a soluzioni durature.