La violenza ha costretto alla fuga oltre 50.000 persone nel Niger occidentale nel corso di quest’anno

Pubblicato il 13 dicembre 2018 alle 4:02

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime crescente preoccupazione per le continue violenze perpetrate nelle zone del Niger al confine con il Mali e il Burkina Faso, che solo quest’anno hanno costretto 52.000 nigerini a lasciare le proprie case.

Le incursioni transfrontaliere e gli attacchi da parte di gruppi militanti nelle regioni di confine di Tillaberi e Tahoua, in Niger, hanno costretto molte persone a cercare salvezza in altre città e nei villaggi limitrofi.

Le persone in fuga riferiscono di essere fuggite da atroci violenze. I rapporti parlano di attacchi ai villaggi da parte di gruppi armati, che uccidono e sequestrano civili, tra cui i leader delle comunità, bruciano scuole e saccheggiano case, imprese e bestiame.

Mentre nelle regioni di confine di Tahoua e Tillaberi resta in vigore lo stato di emergenza dichiarato dal governo, e mentre sono in corso operazioni militari su vasta scala delle forze G5 del Sahel, la violenza e l’insicurezza ostacolano anche gli sforzi umanitari.

Dall’inizio di ottobre, il governo, in coordinamento con gli attori umanitari, ha tentato di mettere al sicuro alcune zone del paese per garantire la distribuzione degli aiuti, ma le continue minacce alla sicurezza hanno impedito agli operatori umanitari di raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno.

La situazione è al contempo allarmante ed estremamente instabile. Oltre a causare nuovi esodi, le violenze stanno colpendo anche 53.000 rifugiati maliani che vivono nelle regioni di Tillaberi e Tahoua. Alcuni hanno riferito al personale dell’UNHCR di considerare la possibilità di una fuga verso nord, in altri paesi.

L’UNHCR è alla guida della risposta interagenzia ai bisogni di protezione, volta ad aiutare le persone in fuga anche attraverso il monitoraggio della protezione, che consente agli attori umanitari di fornire assistenza tempestiva alle persone identificate come particolarmente vulnerabili e bisognose.

L’UNHCR collabora inoltre con le ONG locali partner dell’Agenzia e con una vasta rete di referenti  per la protezione a livello locale, dislocati in tutto il paese, che forniscono informazioni aggiornate sui bisogni dei nigerini sfollati. Da gennaio di quest’anno, l’UNHCR e i suoi partner hanno risposto agli oltre 375 casi di violenza segnalati attraverso questo meccanismo fornendo protezione concreta.

“Pur essendo alle prese con la violenza e l’insicurezza lungo i confini, il Niger rimane un  generoso paese di accoglienza per i rifugiati ed ora è il primo paese africano ad aver integrato nel diritto nazionale la Convenzione di Kampala, la Convenzione dell’Unione africana per la protezione e l’assistenza degli sfollati interni in Africa, grazie all’adozione di una legge nazionale all’inizio di questo mese”, ha dichiarato la rappresentante dell’UNHCR in Niger, Alessandra Morelli.

Attualmente in Niger si contano oltre 156.000 sfollati interni, persone costrette a fuggire principalmente dalle regioni occidentali di confine vicino al Mali e al Burkina Faso (33%) e da Diffa, nalla zona sud orientale del Paese, vicino alla Nigeria (67% ). Nel paese vivono anche oltre 175.000 rifugiati provenienti principalmente dalla Nigeria (67%) e dal Mali (32%).

Nonostante il crescente numero di persone costrette alla fuga e l’aumento dei bisogni umanitari, la risposta umanitaria dell’UNHCR in Niger ha fino ad ora goduto di un sostegno limitato.

L’UNHCR ha ricevuto poco più della metà di quanto richiesto per rispondere ai bisogni dei nigerini in fuga, così come dei rifugiati maliani e nigeriani ospitati in Niger. Quest’anno l’UNHCR ha ricevuto solo il 58% (54 milioni di dollari americani) della cifra necessaria per garantire la risposta umanitaria in Niger.

Oltre ad invitare ad un maggiore sostegno, l’UNHCR chiede alla comunità internazionale di affrontare le cause profonde degli esodi in Niger e nella regione e di lavorare per stabilire la pace. L’UNHCR ribadisce inoltre che la protezione dei civili dovrebbe essere al centro di tutti gli interventi militari internazionali.

 

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