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UNHCR/C.Tijerina ©

TORNARE A SCUOLA

Di Sulaiman Momodu

Biel Jock scende dal bus e si guarda intorno nel campo rifugiati di Pugnido, Etiopia. E’ stato un lungo viaggio per il ventisettenne proveniente dal Sud Sudan. La sua prima domanda però non riguarda il cibo o la sistemazione, bensì se c’è una scuola nei dintorni. “Voglio tornare a scuola” dice.

Un migliore istruzione, spiega Biel, lo aiuterà a mantenere la sua famiglia in crescita. Non solo sua moglie è incinta di 5 mesi, ma la coppia si prende cura anche dei 5 giovani nipoti rimasti orfani a causa delle malattie e della guerra. Tre dei ragazzi hanno perso i genitori poiché malati da prima che scoppiasse la guerra civile lo scorso dicembre. Gli altri due – incluso Duel, 14 anni – hanno visto madre e padre venire uccisi mentre fuggivano per mettersi in salvo pochi mesi fa.

Gli orrori inenarrabili di cui la famiglia è stata testimone ad agosto sono vividi nelle loro menti ancora oggi. “I miei genitori e i genitori di mia moglie stavano fuggendo insieme” ricorda Biel. “Sono stati uccisi”.  Sua moglie, Nyibol, 18 anni, al ricordo scoppia in lacrime. “Non abbiamo mai pensato che la guerra scoppiata tra i soldati a Juba, la capitale, avrebbe colpito anche i civili delle tribù. Eravamo come morti che camminano” afferma piangendo.

Quando amici di lunga data e vicini sono diventati all’improvviso dei nemici, Biel e la sua famiglia hanno trascorso 16 giorni nella giungla, mangiando frutti selvaggi e bevendo qualsiasi tipo di acqua riuscivano a trovare. I 7 membri della famiglia sono arrivati in Etiopia quasi a mani vuote, ritrovandosi infine alla stazione di Matar.

La famiglia doveva essere trasferita al campo rifugiati di Nip Nip, che però è stato completamente allagato quando il vicino fiume Baro è straripato a causa delle fortissime piogge stagionali. La piogge incessanti hanno colpito anche il centro di transito dove Biel e la sua famiglia avevano trovato rifugio. “E stata dura” ricorda “La zona era quasi tutta allagata. Siamo stati fortunati a ricevere l’aiuto di un uomo del posto che ci ha permesso di stare nel suo tukul” – una capanna tradizionale.

Data l’urgenza di trasferire i rifugiati, il Governo dell’Etiopia, l’UNHCR e i suoi partner hanno individuato un sito a una maggiore altitudine nell’area di Dimma e hanno condiviso con i rifugiati bloccati quella che credevano essere una buona notizia. Al contrario, i rifugiati non avevano interesse a trasferirsi in una zona dove i combattenti distano appena 70 km oltre il confine in Sud Sudan.

“La maggior parte di noi fuggiti in Etiopia facciamo parte del gruppo etnico Nuer”, spiega Biel. “Il conflitto in Sud Sudan ha coinvolto anche le tribù e noi non vogliamo trovarci vicino alle persone che hanno ucciso i nostri cari e reso noi rifugiati”.

Nonostante le rassicurazioni sulla sicurezza e la protezione, i rifugiati erano troppo spaventati per spostarsi.  “Fornire assistenza umanitaria in una zona colpita dalle inondazioni è stata un’impresa faticosa” afferma Hassan Dabar, un coordinatore dell’UNHCR sul campo. “Il campo e quasi tutti gli uffici erano allagati. Quasi non sapevamo più cosa fare quando i rifugiati si sono rifiutati di trasferirsi a Dimma”.

Alla fine, i rifugiati hanno acconsentito a spostarsi nel campo di Pugnido, dove Biel spera di continuare la sua istruzione e realizzare il suo sogno di diventare dottore. In Sud Sudan, frequentava la scuola superiore a Nyirol. “Oggi sono un rifugiato, ma voglio andare a scuola con I miei nipoti e ottenere un’istruzione in modo da sconfiggere la povertà e avere una vita migliore”.

Il futuro papà spera che le persone si rendano conto che, a prescindere dalla propria tribù, i sud sudanesi sono un solo popolo. “Se diventerò dottore, curerò solo le persone malate della mia tribù Nuer?” chiede.

Anche sua moglie, che ha finito la scuola elementare, ha in mente di tornare a studiare. “Una volta che il bambino sarà forte a sufficienza, anch’io mi unirò a mio marito e andremo a scuola” dice.

Tra gli altri servizi, l’UNHCR e i partner supportano le attività formative per I rifugiati nell’area di Pugnino, dove circa 45.000 rifugiati sud sudanesi – la maggior parte dei quali vive nella zona da oltre 20 anni – frequenta la scuola. Tali possibilità porteranno sicuro il sorriso sui volti di Biel e la sua famiglia una volta che inizieranno a sistemarsi.