UNHCR/ Juan Arredondo ©

MARIPOSAS

Il tramonto si stava avvicinando quando Luz Dary Santiesteban senti’ un rumore di spari e vide colonne di fumo innalzarsi dalle case  incendiate. I ribelli avevano attaccato il suo villaggio nella foresta pluviale della provincia di Choco in Colombia, nel novembre 1995.

“Tutti fuggivano per salvare la propria vita. Quello che si lasciavano alle spalle era un villaggio fantasma,” ricorda dell’assalto a Punta Ardita e altri villaggi sulla costa del pacifico. Luz si rifugiò nella città portuale di Buenaventura, dove per la loro incolumità aveva mandato in precedenza i suoi quattro figli da alcuni parenti.

“In una frazione di secondo la mia intera vita è finita. Proprio così,” dice Luz Dary, battendo le dita. “E’ stato così difficile lasciare alle spalle il mio duro lavoro e la mia casa,” aggiunge, ricordando la sua vita passata come pescatrice e la terra dove è cresciuta.

“Sono arrivata a Buenaventura indossando degli abiti bagnati e nient’altro. Rifugiata, avevo gettato via le mie radici e la sola vita che conoscevo e amavo.”

Inizialmente, Luz Dary riuscì a risollevarsi vendendo polli a La Gloria, un quartiere afro-colombiano di baracche in legno e senza acqua corrente, alla periferia della fatiscente Buenaventura, principale porto della Colombia.

Divenne capo della comunità locale e si unì a  “Mothers For Life”, un gruppo per i diritti che dava supporto a donne i cui mariti, figli e parenti erano scomparsi o erano stati uccisi durante il lungo conflitto che affliggeva la Colombia.

Mothers For Life, una delle 23 organizzazioni popolari di donne che operano nelle aree rurali e urbane intorno a Buenaventura, dal 2010 fa parte della rete chiamata “Mariposas”.

Luz Dary, come molti altri leader della comunità, si è ritrovata nel mezzo degli scontri per il controllo del traffico di droga sul territorio. Gruppi armati collegati a ex organizzazioni paramilitari lottano per il controllo sul traffico di droga e sul raket delle estorsioni ed impongono un regno del terrore su interi quartieri di Buenaventura, costringendo molte persone a divenire sfollati nella città.

Un giorno nel 2004, quattro paramilitari armati si presentarono a casa di Luz Dary. Quel giorno la sua vita cambiò per sempre.

“Presero una delle mie figlie, che all’epoca aveva 10 anni. Volevano stuprarla. Io dissi loro di fare ciò che volevano a me, ma di non toccare la mia bambina. Dovevo proteggerla. Loro cominciarono a ridere. Mi puntarono una pistola alla testa mentre a uno a uno mi violentarono. Hanno calpestato la mia dignità. Io non potevo reagire. Mi sentivo così impotente,” dice Luz Dary mentre le lacrime le rigano le guance.

“Dicevano che il mio lavoro a capo della comunità stava risvegliando le persone. Mi dissero di fermarmi e di stare zitta. Non fui la sola ad essere violentata a La Gloria. Abusavano dei nostri corpi per controllare il territorio. Era un modo per mostrare che comandavano loro e per mettere paura tra di noi,” aggiunge.

La vicenda ha spinto Luz Dary a fuggire ancora una volta ed è tornata a Buenaventura solo lo scorso anno. E’ ancora segnata da quello che è accaduto e lei e la sua famiglia subiscono ancora le minacce dai gruppi di ex paramilitari.

“Da rifugiato puoi in qualche modo ricostruire la tua vita. Ma tu non dimenticherai mai quel momento, lo stupro, e cosa è accaduto. Lo ricorderai per sempre,” dice, scuotendo la testa. “Ho anche perso mio marito dopo lo stupro. Se ne è andato. Non mi sono sentita più la stessa. Il mio grande sorriso è scomparso.”

Per sei anni, Luz Dary è rimasta in silenzio per paura delle rappresaglie, dello stigma e del taboo che circondano lo stupro. Ma da quando ha aderito alle Mariposas e frequentato i loro workshop sui diritti delle donne e su come segnalare abusi e cercare aiuto, ha trovato coraggio di rompere il suo silenzio.

“Grazie al gruppo sono diventata più forte e ho imparato a dare valore a me stessa. Mi è stato dato il coraggio di esprimermi,” ha detto, aggiungendo: “Quando ho raccontato lo stupro, è stato come togliermi un cancro che mi stava consumando.”

Luz Dary è andata all’ufficio del difensore civico e ha raccontato che altre donne a Buenaventura erano state violentate e che questo doveva essere documentato. Dobbiamo aumentare la consapevolezza di ciò che sta accadendo alle donne qui,” ha detto, stringendo il pugno.

Mentre Luz Dary aspetta che sia fatta giustizia, lei offre supporto e consigli ad altre donne sopravvissute agli stupri e sfollate che fanno parte della rete delle Mariposas. Ha studiato le più recenti leggi in materia di protezione delle donne, e afferma con orgoglio: “Io trasmetto le mie conoscenze ad altre donne dentro e fuori il gruppo.” E anche se la maggior parte dei crimini restano impuniti a Buenaventura, Luz Dary dice: “Credo nella giustizia divina”