In fuga da Mosul
Sono fuggita perché ho il diabete e lì non potevo curarmi. Tutte le medicine sono finite. Eravamo in trappola, non era rimasto niente.
Widat è fuggita da Mosul. La violenza dei combattimenti l’ha spinta a compiere una scelta durissima: ha portato in salvo tre dei suoi figli nel campo per rifugiati di Debaga, ma ha dovuto lasciare indietro il quarto, disabile, perché non poteva affrontare un viaggio a piedi di 13 ore.
Quella di Widat non è una storia isolata. I nostri operatori in Iraq hanno ascoltato altre parole di paure e di sofferenze, storie di lunghe e terribili fughe dalle zone di conflitto.
Storie come quella di Jamal.
Lungo il viaggio abbiamo visto delle persone morte a causa delle mine. Grazie a Dio, siamo riusciti ad arrivare al campo.
Mentre continua l’offensiva militare lanciata il 17 ottobre nella seconda città più grande dell’Iraq, l’UNHCR lavora per dare un riparo alle persone da Mosul, che potrebbero arrivare a un milione.
Entro la fine dell’anno, gli 11 campi pianificati di cui 5 già operativi, potranno ospitare fino a 120.000 persone. Inoltre, stiamo assicurando altre 30.000 tende e 50.000 kit per ripari di emergenze per le persone che si spostano. Otre a garantire un riparo sicuro, lavoriamo per rispondere ai bisogni essenziali di queste persone vulnerabili con coperte, materassi, teli di plastica, set da cucina, kit per l’igiene e taniche.
I fondi necessari stimati dall’UNHCR per l’emergenza a Mosul sono stati finanziati solo al 48% – 95 milioni di dollari su 196.2.
Se questa mancanza di fondi venisse colmata, potremmo garantire un riparo a 600.000 persone nei campi e fuori, rispondere all’emergenza iniziale, ma anche per far fronte a spostamenti che potrebbero durare tutto l’inverno, quando le condizioni di vita peggiorano.