Lim Bol sogna di diventare un dottore.
È fuggito dalla violenza in Sud Sudan da solo.
Lim Bol, 21 anni: “Ci sono grandi differenze tra la vita da rifugiato e la vita che vivevi nel tuo paese. A casa lavoravo come maestro di chimica in una scuola elementare. Mi rendeva entusiasta il mio lavoro perché aiutava la mia comunità a crescere.”
Ma quando sono arrivato nel campo, ho passato tre mesi fermo, inattivo, senza un lavoro. Poi ha aperto una scuola nel campo per rifugiati e hanno pubblicato un’offerta di lavoro. Ho mandato la mia candidatura e mi sono trovato ad essere prima insegnante, e ora vice-preside. È un lavoro duro, ma è un buon lavoro. Sto di nuovo aiutando le persone.
“Prima della guerra il mio piano era quello di studiare medicina – vedere i medici all’opera è fonte d’ispirazione per me. Spero ancora di coronare il mio sogno, ma prima devo finire il mio percorso accademico. Qui non ho la possibilità di farlo. Questa guerra sta davvero uccidendo il nostro futuro.”
Lim è originario del Sud Sudan, dove l’inasprimento del conflitto del 2013 ha costretto 670.000 persone a fuggire nei i paesi confinanti. Altri 1.7 milioni di persone pur restando nel loro paese sono state costrette ad abbandonare le proprie case. I genitori di Lim sono entrambi morti e suo fratello non ha voluto lasciare casa e fuggire con lui in Etiopia.
Lim è da solo nel campo per rifugiati di Kule a Gambella e, seppure riesca a soddisfare i suoi bisogni primari, aver interrotto la sua istruzione è la cosa che lo avvilisce di più. Mentre aspetta di completare la sua educazione secondaria, sta lavorando come insegnante e vice-preside in una delle sovraffollate scuole elementari del campo.
L’UNHCR aiuta le autorità etiopi a fornire educazione di base, ma a causa della carenza di fondi, l’educazione secondaria dura solo un anno mentre dovrebbe durarne quattro. “Questo non va bene,” dice Lim. “Vorrei tornare nel mio paese con delle conoscenze, con la possibilità di aiutare le altre persone.”
Storia e video a cura di Dana Hughes
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Nonostante gli ammirevoli sforzi del Paese, l’UNHCR e i suoi partner hanno rilevato che ci sono significative carenze nel fornire istruzione di qualità agli oltre 19.000 bambini in età scolare che vivono nei campi, per lo più rifugiati sudanesi. Tra le principali carenze, la mancanza di maestri elementari in alcuni campi, educazione inadeguata nel sito di transito di Ashura (che ospita oltre 5.000 rifugiati) e assenza di servizi di educazione secondaria nei campi di Sherkole e Bambasi. Nel 2016, oltre 1.600 rifugiati erano iscritti ad istituti di educazione superiore in Etiopia, inclusi circa 1.300 sponsorizzati dal governo dell’Etiopia, e altri 300 sostenuti dall’UNHCR attraverso il programma di borse di studio DAFI.
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