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Albert Einstein

Lo conosciamo tutti, quel viso umano, meditativo. Quella chioma di capelli bianchi ribelli che incorniciano un viso stanco, ma amorevole. E tutti abbiamo sentito parlare delle sue teorie scientifiche. Eppure pochi di noi sanno dei suoi giorni da rifugiato, quando i suoi libri erano gettati nelle pire di Hitler, e quando in quanto ebreo tedesco fu accusato di tradimento.

Cresciuto a Monaco, Einstein era particolarmente appassionato di musica e fisica, e il suo sogno era quello di studiare ingegneria elettronica al Politecnico di Zurigo. Però inizialmente non superò il test di ammissione, dando adito alle speculazioni di alcuni biografi che soffrisse di dislessia. Imperterrito, il giovane Einstein si trasferì comunque in Svizzera e si iscrisse alla scuola di Aarau, sperando di non fallire nel suo secondo tentativo di entrare al Politecnico. Infine, vi riuscì, ma una volta laureato in matematica e fisica non riuscì ad assicurarsi un posto come insegnante in quello stesso istituto. Ripegò dunque su un impiego come perito tecnico presso l’Ufficio Brevetti di Berna.

Nel tempo libero, riuscì a dedicarsi alla ricerca e allo studio della fisica. Nel 1905 pubblicò tre studi teorici che formano la base del suo lavoro sulla teoria della relatività e che gli valsero il conferimento di un dottorato all’Università di Zurigo. La sua carriera accademica fu così definitivamente avviata. Lasciò l’Ufficio Brevetti e si spostò a Praga come professore universitario. Nel 1914 ritornò in Germania come ricercatore all’Accademia Prussiana delle Scienze.

Nel 1919, la teoria della relatività generale di Einstein fu confermata dallo studio dell’eclissi solare verificatasi nel maggio di quell’anno. Il London Times del 7 novembre, titolava: “Rivoluzione nella scienza – nuova teoria sull’origine dell’Universo – idee newtoniane detronizzate.” Nel 1921, Einstein ricevette il premio Nobel.

Purtroppo però la presa di potere del partito nazista e la diffusione dell’ideologia antisemita gli resero sempre più difficile proseguire nel suo lavoro e dopo essere stato costretto a spostarsi più volte, nel 1932 Einstein accettò una cattedra a Princeton, ottenendo la cittadinanza statunitense.

Einstein e sua moglie lavorarono infaticabilmente per supportare gli ebrei tedeschi, assistendoli nelle richieste di visto e facendo personalmente da garanti per molti di loro. Einstein espresse sentimenti contrastanti riguardo alla sua vita in esilio. “Sono un privilegiato a vivere qui a Princeton,” scrisse alla Regina del Belgio, con cui era diventato amico da giovane. “In questa piccola cittadina universitaria, le voci caotiche del conflitto umano penetrano a fatica. Mi vergogno quasi a vivere in questa pace, mentre il resto del mondo soffre e combatte.”

Nel 1944, Einstein contribuì allo sforzo bellico mettendo all’asta la versione originale del suo lavoro sulla relatività ristretta. Raccolse 6 milioni di dollari. Il manoscritto si trova oggi nella Biblioteca del Congresso. La sua ultima lettera fu indirizzata al filosofo e pacifista Bertrand Russel, a cui offriva il suo supporto per il movimento anti-nucleare. Einstein morì il 18 Aprile, 1955.