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LIBERTÀ E APPARTENENZA

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Di Gabriela Leu

Ahmed, un ragazzo somalo di 21 anni, siede ansioso sul pullman che porterà lui e un gruppo di rifugiati dal Centro di transito di Timisoara in una gita fuori dalla città della Romania occidentale.

Il viaggio è solo un’escursione – parte del programma del Centro per preparare rifugiati particolarmente vulnerabili al reinsediamento in un nuovo paese. Però per Ahmed, che ha trascorso anni nei conflitti o nei campi, si è trattato di un viaggio nel mondo libero – di cui ha davvero poca esperienza.

“Dal momento in cui abbiamo lasciato la città, mi aspettavo di trovare un posto di controllo dietro l’altro. Nello Yemen, se sei un rifugiato in un posto di blocco, sei nei guai” ha riferito il giovane, che è cresciuto nel campo rifugiati di Kharaz nello Yemen la fuga dalla Somalia con i suoi genitori quando aveva solo sei anni.

Non ci sono stati guai per Ahmed e gli altri quel giorno. Il gruppo ha visitato la campagna romena e poi ha fatto ritorno al centro di transito, che è stato costruito nel 2008 dal governo romeno, l’UNHCR e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni per fornire un rifugio temporaneo ai rifugiati con l’impellente necessità di lasciare il loro primo paese di asilo. Possono restare fino a 6 mesi per l’orientamento linguistico e culturale prima di venire reinsediati.

La trepidazione di Ahmed evidenzia quanto sia difficile per molti compiere la transizione da rifugiati. Il piccolo numero di Centri nell mondo può segnare la fine ad anni di vita nel campo traumatica e affollata.

Nel campo di Kharaz nello Yemen, Ahmed e la sua famiglia vivevano in un semplice riparo. Era una sfida quotidiana trovare del cibo e la vita fuori dal campo era pericolosa. Non appena è diventato abbastanza grande per lavorare, Ahmed si è unito al personale di un’agenzia umanitaria. Al tempo, essere un rifugiato era tutto quello che Ahmed poteva comprendere. “Sono cresciuto ascoltando storie di rifugiati” afferma. “Ho incontrato rifugiati che avevano perso qualcuno di caro o che erano stati gettati nell’oceano [durante le pericolose traversate via mare dalla Somalia] ma che sono sopravvissuti, la loro pelle bruciata dall’acqua salata e [le loro menti] traumatizzate per la vita” ricorda.

Per Ahmed e la sua famiglia, la realtà di trascorrere la loro vita in un campo rifugiati era inaspettata. Come molti altre persone costrette alla fuga, pensavano fosse una soluzione momentanea e che la possibilità di fare ritorno a casa fosse dietro l’angolo.

Diciotto anni dopo essere fuggito dalla Somalia, la famiglia di Ahmed ancora si struggeva sospesa in un limbo. “La vita nel campo non era stabile. Non potevamo mai sistemarci. Non sai mai cosa potrà succederti un domani quando la tua vita non è completamente nelle tue mani” dice.

La vita di Ahmed come rifugiato è iniziata talmente presto che lui non conosce altro. I suoi primi ricordi sono della fuga. “Riesco ancora a vedere mio padre salire sul furgone, dirmi di restare fermo e badare alle nostre cose”, racconta. “Ora, quando mi guardo indietro, mi rendo conto di quanto quel viaggio sia stato triste ed emozionante per i miei genitori. Quel furgone ha cambiato le nostre vite in meglio”.

Ahmed e I suoi genitori ora stanno affrontando un altro cambiamento che sperano sarà più felice. Scelti per il reinsediamento nell’occidente, sono stati portati a Timisoara per prepararsi per una nuova casa in una nuova terra.

Dopo quasi due decenni di vita nel campo, non è stata una transizione facile. Ma non erano soli. Il Centro di transito di Timisoara può ospitare fino a 200 persone nello stesso momento e circa 1.500 rifugiati sono passati per la struttura da quando è stata aperta.

Queste persone provengono da diversi paesi e percorsi di vita. Ad unirli è la speranza di un futuro migliore; senza conflitti o persecuzioni, con la possibilità di lavorare e crescere la propria famiglia in pace e benessere.

Ahmed si aspetta due cose quando lascerà Timisoara: la libertà e l’appartenenza. “Nel momento in cui avrò la mia nuova casa” afferma “Uscirò e camminerò per le strade. Voglio conoscere la mia nuova città, il senso di libertà e quello di cittadinanza”.