LIBIA: CRESCE LA PREOCCUPAZIONE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

Pubblicato il 05 agosto 2014 alle 8:00

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L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è fortemente preoccupato per la sicurezza dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Libia a fronte dell’intensificarsi delle violenze. Sono quasi 37mila le persone registrate presso l’UNHCR a Tripoli e Bengasi, molte delle quali vivono in aree fortemente danneggiate dai combattimenti e non possono  fuggire verso zone più sicure a causa degli scontri in corso.
Nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea, Somalia e altri paesi hanno chiamato il nostro numero verde in cerca di aiuto per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti richiedenti asilo e rifugiati, soprattutto siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi che hanno un disperato bisogno di assistenza.
L’UNHCR continua a collaborare con le Organizzazioni non-governative (ONG) partner presenti sul territorio per fornire assistenza e sostenere rifugiati e richiedenti asilo, ma la situazione si sta rapidamente aggravando e molti considerano la fuga dalla Libia l’unica opzione.
Tra la crescente illegalità, i trafficanti prosperano e migliaia di persone disperate intraprendono pericolosi viaggi in mare per raggiungere l’Europa. Si stima che nel 2014 siano circa 88mila le persone finora arrivate in Italia via mare, comprese le 11mila delle ultime due settimane; di queste si ritiene che 77mila siano partite dalla Libia. Tale cifra rappresenta già più del doppio delle traversate accertate avvenute l’anno scorso, che ha visto 43mila arrivi in Italia, circa la metà dei quali partiti dalla Libia.

Sembra che i recenti combattimenti intorno a Tripoli abbiano spostato i punti di partenza lontano dalla capitale e un maggior numero di imbarcazioni salpano ora da est, ad esempio da Al-Khums e Bengasi. Secondo notizie giunte all’UNHCR, un gruppo di 500 siriani sono partiti la scorsa settimana su tre imbarcazioni direttamente da Bengasi – un punto di partenza nuovo e più pericoloso in quanto implica un viaggio più lungo verso l’Italia.

Oltre 1.000 persone sono morte nel Mediterraneo quest’anno, di cui le ultime vittime sono annegate la scorsa settimana al largo di Al-Khums, a circa 100 chilometri a est di Tripoli. Le 128 vittime erano per lo più di nazionalità africana e tra di loro vi erano molte donne e bambini. L’UNHCR, attraverso l’International Medical Corps (IMC) suo partner, è impegnato a fornire assistenza medica e generi di soccorso ai 22 superstiti dell’incidente.

Nel frattempo, l’UNHCR è preoccupato del fatto che non tutte le persone in cerca di sicurezza possono attraversare le frontiere terrestri della Libia ed esorta le autorità libiche ad allentare le restrizioni sui visti di uscita per consentire alle persone di partire. Al tempo stesso, l’Agenzia chiede ai governi di Egitto e Tunisia di mantenere aperte le frontiere per coloro che fuggono dalle violenze e cercano protezione internazionale.
Se da un lato negli ultimi giorni sono circa 3.000 i cittadini egiziani che quotidianamente attraversano il confine di Salloum ed entrano in Egitto, dall’altro la maggior parte delle persone di altre nazionalità non possono farlo. L’UNHCR è particolarmente preoccupata per le condizioni di tre siriani e un palestinese bloccati in una ‘zona franca’ tra la Libia e l’Egitto. L’UNHCR chiede alle autorità egiziane di poter raggiungere queste persone e portare loro cibo e acqua.
Sul versante tunisino, l’UNHCR prende atto che il confine è aperto ai cittadini libici ed egiziani che stanno rientrando a casa attraverso la Tunisia e a persone di altra nazionalità con documenti di viaggio validi in transito attraverso la Tunisia. Circa 30mila persone sono arrivate in Tunisia la scorsa settimana passando dai due punti di confine con la Libia – Ras Jedir e Dehiba – anche se vi sono notizie secondo cui il tasso degli arrivi è notevolmente diminuito da ieri. Oltre agli egiziani che rientrano nelle proprie case, pare che la maggior parte di coloro che raggiungono la Tunisia siano libici con mezzi economici, che non sono alla ricerca di assistenza umanitaria, anche se gruppi più ristretti di persone stanno ricevendo l’aiuto di ONG locali.